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Le Sale di Esposizione Fossili

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Sala Fossili
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Collezione Fossili
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Nella sala paleontologica del Museo di Grandola sono conservate alcune delle più remote tracce della vita in tutta Italia: i fossili di piante simili alle attuali Felci ed Equiseti, risalenti al periodo Carbonifero (ovvero a circa 310 milioni di anni fa), ritrovate nella località Val Gariasca - Alpe di Logone, in Val Sanagra.

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In alcune vetrine della Sala Paleontologica è ricostruita l’interessante storia di questo giacimento.
Le rocce carbonifere, dal tipico aspetto nerastro, sono state scoperte tra il 1915 e il 1918 durante i lavori di scavo per la costruzione della strada militare che doveva collegare la Val Sanagra alla Val Cavargna.

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Dieci anni più tardi, nel 1928, un imprenditore locale, il Cavalier Carlo Giacomo Bianchi, nativo di Naggio (una delle frazioni di Grandola ed Uniti), decideva di far eseguire una perizia geologica sul materiale carbonioso (antracite), in vista di un possibile sfruttamento minerario, ma ne ebbe parere sfavorevole.
Nonostante questo, nel 1942, in pieno regime autarchico,

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Bianchi avviava i lavori di estrazione dell’antracite, ma dopo due anni doveva rinunciare all’impresa, rivelatasi un vero fallimento.
L’attenzione sollevata attorno alla zona aveva però permesso al perito minerario Luigi Maglia di scoprire uno dei più interessanti giacimenti fossiliferi d’Italia risalenti al Carbonifero, data la quantità (oltre 2000 pezzi) e la qualità dei resti ritrovati. Infatti, in Italia rocce antiche come quelle della Val Gariasca - Alpe di Logone sono piuttosto rare e affiorano esclusivamente in Valle d’Aosta, in Liguria, in Toscana e in Sardegna.

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I fossili rinvenuti da Maglia sono diventati oggetto di una pubblicazione scritta nel 1947 in collaborazione con Sergio Venzo, allora direttore del Museo di Storia Naturale di Milano, che ha permesso di far conoscere la Val Sanagra ai paleontologi di tutto il mondo.

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Ci spiega Attilio Selva:
«La flora fossile della Val Gariasca - Alpe di Logone è costituita da numerosi resti di antichissimi vegetali appartenenti al gruppo delle Pteridofite (felci, equiseti, licopodi) che si riproducono per spore e delle Protospermatofite, il gruppo delle primordiali piante “a seme”.
Queste ultime, in particolare, con la famiglia delle Cordaites, assumono un’importanza scientifica notevole: sebbene possiedano aspetto esteriore simile a quello delle felci, producono però semi e dunque dimostrerebbero una possibile derivazione evolutiva delle prime Spermatofite (attuali piante con semi) dalle Pteridofite (piante con spore).


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Nel nostro giacimento sono stati trovati numerosi semi fossili della specie Trigonocarpus bernardii, appartenente appunto alla famiglia delle Cordaites».

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Molti dei vegetali scoperti nel giacimento della Val Sanagra raggiungevano dimensioni veramente ragguardevoli, con fusti anche di alcune decine di metri d’altezza e formavano lussureggianti foreste ai margini delle paludi e dei laghi; pare quasi impossibile che oggi i discendenti di queste piante maestose siano ridotti a poche forme erbacee di piccole dimensioni.
Tra i fossili recuperati personalmente e donati al Museo dal giovane naturalista Attilio Selva, stupiscono in particolare le impronte della regione midollare della corteccia del genere Sigillaria, che appaiono nere e lucenti come grafite, in netto contrasto con il colore chiaro delle rocce in cui sono conservate.

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Oltre ai tronchi, sono numerosi i ritrovamenti di radici, rizomi e foglie di numerose altre specie. Per questa ricchezza di resti fossili qui conservati, il Museo di Grandola può dirsi a tutti gli effetti l’unica esposizione esauriente dei reperti del Carbonifero in Italia.

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Altre “chicche” della Sala Paleontologica sono i resti di Coralli fossili provenienti da Bene Lario e di Molluschi Bivalvi del periodo Triassico, che testimoniano come attorno a 250 milioni di anni fa tutta la zona delle nostre Prealpi fosse occupata da un mare caldo e poco profondo, simile a quello delle attuali barriere coralline delle zone tropicali ed equatoriali.
In ambienti analoghi viveva pure il grosso Mollusco Bivalve Megalodon, con una caratteristica conchiglia formata da due valve che in sezione danno origine ad una forma di cuore.

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Le sue tracce fossili presso il Dossone di Nava venivano tradizionalmente interpretate come impronte lasciate dagli zoccoli del diavolo.

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Testimonianze della presenza di un mare più profondo sono invece i resti dei Pesci Paralepidotus ornatus, risalente a circa 210 milioni di anni fa; il Museo ne conserva un esemplare di oltre 40 cm di lunghezza e altri due più piccoli, rinvenuti sempre dallo stesso Selva presso Grandola.

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Non si può tralasciare di menzionare lo straordinario fossile del Crostaceo Tilacocefalo Ostenocaris cypriformis, proveniente dal celebre giacimento di Osteno, databile circa 190 milioni di anni fa (Giurassico) ed eccezionalmente conservatosi con le parti molli.

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Venendo ad un passato decisamente più recente, una vetrina conserva alcune ossa dell’Orso delle caverne, trovate in Valsolda.
Questo grande mammifero, estinto attorno a 18.000-20.000 anni fa durante l’ultima avanzata glaciale, aveva l’abitudine di trascorrere il lungo letargo invernale all’interno di cavità naturali, consumando le riserve di grasso accumulate durante la stagione favorevole, passando talvolta dal sonno alla morte: è per tale motivo che i resti di questo animale si rinvengono nelle grotte.

* Villa Camozzi

MUSEO ETNOGRAFICO
E NATURALISTICO
VAL SANAGRA
Villa Camozzi - Sede Municipio e Museo
Piazza Camozzi, 2 • 22010 Grandola ed Uniti • (CO) • Italy
e-mail: [email protected]
Tel. +39 0344 32115 • Fax +39 0344 30247

e-mail: [email protected]www.museovalsanagra.it


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